domenica 15 gennaio 2012

Il contesto. Una trascrizione (4)

Lo scrittore Zosimo abitava in una villetta a schiera costruita ai margini di una zona invero un po’ fuori mano, in prossimità del cimitero monumentale centrale; questa caratteristica, lungi dal procurare sgradevole effetto al giro d’orizzonte che la cingeva, poneva l’abitazione nel mezzo d’una veduta invidiabile, garantita dal discreto altopiano che il progettista seppe sfruttare al meglio. L’estensione davvero vasta del cimitero, immerso in una severa e schematicamente disposta vegetazione, risvegliò, come una proustiana madelaine imbevuta di tisana di tiglio, un lungo, involontario flusso d’associazioni mnestiche nella coscienza di Valdo, che per un soffio non ne venne sopraffatto. L'ispettore suonò il campanello; venne ad aprire una signora di mezza età, dal portamento castigato, austero, quale ci si sarebbe aspettati di ritrovare nelle residenze dell’alta borghesia svizzera: ostensibilmente educata alla maniera antica, ella non commise antipatica scortesia lasciando l’ispettore ad attendere sulla soglia, ma correttamente lo fece accomodare in una sala d’attesa né piccola né grande, ricolma d’arredi e ninnoli rococò cui s’accedeva direttamente dall’atrio. La sosta non durò a lungo: la governante dalla lunga sottana inamidata venne a richiamarlo, scuotendone la sopraggiunta distrazione tra il bagno d’una ninfa in un Fragonard e un sofà tutto tarsie e codini. Lo studio in cui la governante lo stava introducendo con cinese cerimoniosità si mostrava ambiente alquanto raccolto, tale da svolgere, tra le altre funzioni, anche quella di biblioteca. Probabilmente veniva impiegato – grazie alla veduta d'insieme di una distesa agreste, offerta da una porta-finestra – come luogo di meditazione. Anzi, prendendo giudizio deduttivo dalla speciale illuminazione che da essa pioveva, parzialmente schermata da un tendaggio candido e di fine spessore, forse per Zosimo quel luogo assumeva veramente le fattezze di un ritiro spirituale. Popolavano però quella stanza molti oggetti, disposti senza un ordine apparente un po’ qua e un po’ là: tabacchiere di foggia ottocentesca, stampe di soggetto cimiteriale appese alle pareti, un planisferio, un modellino di sfera armillare, un lampadario cromato impossibile da non notare, addirittura due teschi che facevano da candelabri, e poi statuette d’animali leggendari come la manticora e il candido unicorno, un astuccio portapipe, un intarsio in argento raffigurante l’occhio di Horus – tutta roba, insomma, che non legava in niente con l’arredo dell’anticamera: sembrava d’essere in un mondo parallelo. Sullo scrittoio dietro il quale l’esile figura di Zosimo per poco non scompariva, facevano bella mostra di sé due lampade gemelle dalle vaporose volute liberty e scheletro in ferro battuto, assai eleganti, ma alle quali si doveva una razionalizzazione in senso borghese di quella che, pur tenendo conto delle dovute differenze, aveva tutte le sembianze di una Wunderkammer baronale.
– In cosa posso esservi utile, ispettore? – esordí con un franco sorriso di benvenuto l’omino smilzo mentre gli tendeva la mano. Valdo restò ammirato dal preciso servigio della governante, che aveva riferito al principale financo il suo grado.
– Ci risulta che un noto dirigente della Chiesa del popolo mondiale, trovi in questo momento ospitalità qui da voi – disse l’ispettore.
– Ah ecco, sí, immagino che stiate riferendovi al signor Laras. E come mai la polizia lo ricerca?
– A dir vero, non stiamo ricercando nessuno. Volevo soltanto scambiarci qualche parola in merito ad alcuni fatti.
– Scommetto che state pensando alla sequenza dei giudici e quant’altro ammazzati – azzardò l’ometto con un ghigno accennato, ma visibile, rivelando arguzia e rapidità d’intelletto. – Sospettate di Laras? È il cielo che vi manda!
– Vi ripeto che il signor Laras non è sospettato di nulla. Diciamo che appartiene ad un’organizzazione che negli ultimi tempi ha mostrato in ripetute occasioni comportamenti assai irrequieti.
– Ho capito, ispettore, ho capito tutto: voi (o, in subordine, i vostri superiori) paventate chissà quali turbolente degenerazioni di questa accolita di cialtroni che si riunisce sotto una denominazione cosí ridicolmente pomposa, specie dopo lo sciagurato patto di collaborazione con i cristiano-sociali, e siete venuto col capo cosparso di cenere a conferire con Laras per impetrare un soffio di moderazione.
– Vi sembra cosí ridicolo? – chiese Valdo, decisamente impressionato.
– Certo che è ridicolo! - sbottò l'ometto. - Come potete non considerare che feccia sia quella con cui vorreste spendere il verbo della ragionevolezza e della prudenza? Da quando questo isterico intellettuale fallito che è Laras è stato nominato direttore politico del movimento, egli non ha fatto altro che praticare la doppiezza come una verità evangelica: con tutti parla da moderato, poi spinge i suoi verso un estremismo crescente che non pare conoscere limiti. Lo seguo da un bel pezzo e so quello che dico, credetemi.
– Questo giochetto non potrà riuscirgli ancora a lungo, non trovate?
– Fossi in voi non ne sarei cosí sicuro –. S’appoggiò allo schienale della poltrona e socchiuse gli occhi. – Volete sapere cosa penso di tutta questa faccenda di cui, per mia sventura, sono costretto ad occuparmi? –. Valdo intuì che lo scrittore voleva regalarsi una qualche velenosa ritorsione sul suo ospite: l’occasione non poteva andare sprecata. – Penso che non riuscirete nel vostro intento; e chi, nel governo, riveste cariche di responsabilità non potrà né saprà opporsi a questa marea che monta. Voi (o meglio: i vostri superiori), le vostre istituzioni, quelle che una volta si chiamavano “istituzioni dello stato borghese”, siete deboli: loro questa vostra debolezza conoscono e sfruttano; eppure, è sotto i vostri occhi: come vi accennavo, Laras sposta continuamente questo limite estremo delle sue pratiche illegali verso l’alto, impercettibilmente; e, ad ogni spostamento, la vostra debolezza si accresce, perché la polizia, invece di intervenire a che si ristabilisca lo statu quo ante, non essendo la trasgressione macroscopica, preferisce rimandare i provvedimenti necessari, nell’illusione di salvare capra e cavoli.– Zosimo tirò il fiato; lanciò un’occhiata all’indirizzo dell’ispettore, come per osservarne le reazioni. Poi proseguí: – Essi sanno che chi detiene il potere, davanti alla minaccia di perderlo per intero, preferisce accordarsi e spartirlo, e sanno anche che chi oggi lo detiene, lungi dall’essere un vero potente, è solo l’amministratore delegato di un invisibile comitato d’affari: perciò, essi mirano a sostituire l’attuale consiglio d’amministrazione. Ma guardate che progetto geniale: stanno trasformando il potere politico in una public company. Non ne reclameranno, almeno per il momento, la proprietà: si accontenteranno della gestione.
Valdo aveva ascoltato quel ragionamento assorto in concentrazione quasi perfetta. Le parole conclusive del discorso del ministro gli affollarono di nuovo la mente. – Immagino che abbiate fondati motivi per pronunciare giudizi tanto duri sull’organizzazione di padre Caviglia.– L’ispettore cercò di imbeccare alla cieca Zosimo.
– Fondati motivi, dite voi? –. Abbassò il volume della voce, temendo l’indiscrezione di qualche origliante. – Detto tra noi, io padre Caviglia non l’ho mai potuto soffirire, con quella sua aria da Rasputin fuori dalla storia… Non ne ho le prove, ché altrimenti saprei come regolarmi, ma di rimbalzo mi è giunta la voce che Caviglia e Laras, coi loro sodali dei cristiano-sociali, abbiano stretto un’alleanza con i collettivi metropolitani organizzati, gente che sguazza con disinvoltura nell’illegalità legalizzata e fabbricata dal ceto politico. Siete a conoscenza del fatto che questi sacerdoti della pace mondiale hanno avviato un commercio a prezzi stracciati (li chiamano “prezzi sociali”, gli imbroglioni!) di immobili espropriati per pignoramento? Le licitazioni sono pubbliche per modo di dire: l’esito è predeterminato.
Valdo provò turbamento. – Questo è un reato molto grave: chi ve ne ha messo al corrente non dispone di prove?
– I circoli criminali non si lasciano alle spalle documenti scritti: l’esempio dei Protocolli dei savi di Sion sarà valso a qualcosa, non credete?
I Protocolli? che voleva suggerire, con quel riferimento, Zosimo? L’ispettore volse il pensiero per un breve frangente a quella allusione, poi lasciò correre: forse era un dettaglio senza importanza, e lui voleva profittare dell’improvvisa propensione alla delazione del suo interlocutore. (Improvvisa nemmeno molto: quella era l’occasione che Zosimo stava segretamente aspettando da chissà quanto tempo.)
– Non verrete a dirmi che sprechereste il vostro tempo con simili bazzecole, ispettore: siatene certo, non ne varrebbe la pena. C’è dell’altro da scoprire.
A Valdo vennero i sudori freddi. – Dell’altro? A che vi riferite?
– A fatti di gran lunga piú gravi, almeno nella considerazione di qualcuno di noi, che abbiamo creduto troppo a lungo in quella finzione che si chiama stato. Non includo in questo fascio di poveri illusi, potrete immaginarlo, la scaltra cricca di padre Caviglia, e specialmente Laras, che è un doppiogiochista, e fors’anche un triplogiochista, dal momento che gli preme soltanto il suo interesse privato. Diciamo che questa Chiesa del popolo mondiale si comporta come una di quelle opposizioni cucite su misura di taluni potentati internazionali, la cui identità credo non vi sfugga. Ma c’è di piú: esistono istituti di ricerca psichiatrica, in buon numero, che hanno infiltrato tra le disordinate fila degli antagonisti globali agenti provocatori allo scopo di studiare l’evoluzione dei quadri psichici di massa, delineatisi in seguito a disordini dalle conseguenze molto gravi.
– E sospettate che Laras sia uno di questi agenti provocatori?
– Soltanto il sospetto, natürlich; ma non limitatamente alla semplice figura di provocatore. Lo definirei, invece, un manovratore di medio livello.
– Perché non ci scrivete sopra un libro? Prendendo le dovute precauzioni, ovvio. In fondo, la vostra fama di scrittore civile è acclarata.
– Io uno “scrittore civile”? Suvvia, ispettore, non prendetevi gioco di me. Io sono un vaso di verità, un “profeta”. E come tutti i profeti, vado narrando avvenimenti futuri quando il gregge del Signore non si avvede di quel che gli succede intorno ed è sull’orlo del baratro. Il blocco identitario moltiplica i suoi voti ad ogni giro elettorale; presto gli verrà facile influenzare le forze politiche del centro moderato: l'ombra di guerre interetniche grava minacciosa su tutto il continente. E che fanno, nel frattempo, i contestatori “globali”? Espropriano fette sempre piú consistenti del patrimonio dello stato, si ubriacano e si rivoltano come maiali nell’orgia delle loro miserabili feste pseudopagane, si guadagnano antipatia e ostilità tra quelle che una volta si chiamavano masse spoliticizzate, e in occasione dei loro comizi scatenano quella volontà distruttiva che voi conoscete, spalancando davanti ai nostri occhi la visione di un terrificante abisso di nichilismo.
Per lunghi istanti s’immerse in una meditazione che sembrava presentare, a tratti, il carattere dell’ansia repressa; poi si riscosse, acquistò nuovamente lucidità e con rapido gesto aprí un cassetto dello scrittoio, da dove trasse una cartella fittamente dattiloscritta.
– Guardate un po’ qui, è da ieri sera che ci lavoro. Sono versi, li ho scritti di getto, proprio io, che ho sempre considerato la Dichtung un’impostura verso la scienza, e che non ho mai avuto orecchio per la metrica…
Valdo prese il foglio che l’altro gli porgeva e si gettò a leggere.

I vostri cenacoli e le agape da confraternita del basso spirito
li celebrate laddove non può raggiungervi nessuna sezione dell’Ochrana:
in grotte, o meglio in fogne;
e bevendo sangue da teschi muffiti
allietano la vostra genetica psicosi i canti che credete di Esther e di Eva Frank.
Ma nella dottrina che professate – e che segretamente, tra di voi,
senza umorismo chiamate teologia –
nulla si propaga dell’antica setta gnostica che adorò il serpente,
giacché le donne del vostro fornicare non sono né Esther, né Eva Frank
ma luride puttane giudee leste a farsi succhiare le mammelle dai goym
per la salvezza di Israele,
e su cui nulla piú distinguono i vostri cervelli
bruciati nel braciere dell’acido lisergico,
soggetti di studio in formalina per l’ufficio scientifico
della Drug enforcement administration.
Ma voi, nervosi adepti di Nostra Signora della cannabis,
quando avrete smesso di cibarvi delle acide secrezioni
spremute da quei detriti che compongono il vostro ginecèo accattone
vi ritroverete tra le mani meno, molto meno di un pugno di mosche,
come accadde al sacro buffone Aleister Crowley
dal quale prendeste le mosse con lo scopo (nemmeno molto nascosto)
di incenerire l’ultimo barlume di realtà nelle vostre menti svaporate.
Come già Hegel vi dimostrò,
l’autocoscienza vaga per illusori universi e artificiali
se dapprima come coscienza non si àncora solidamente agli oggetti:
al cristallo del tuo calice dal quale a sera bevi il porto,
o alla rosa che da poeta canti,
ma che prima essiccasti in composizioni floreali e pot pourris,
al latte della capra che tu stesso mungi
e alle doghe del soffitto da cui pendono, odorosi, i rami del timo e della lavanda.
Non c’è presente né vita futura senza la costante abiura dell’imbroglio cronografico,
senza la tradizione dei padri, che avete disconosciuto,
senza il sangue e il suolo in cui si continuano gli antenati,
la loro postuma intelligenza delle cose.
Che ribatterete quando la storia da voi ripudiata
vi chiamerà al redde rationem,
e toccherete con mano che a voi, proprio a voi,
capitò in sorte di vivere la terra sconsacrata
come un inutile battaglione di ultimi uomini
beffati dalla maschera nuda dell’impuro folle di Sils-Maria?

Terminata ch’ebbe la lettura, Valdo rimase come inerte sulla poltrona, incredulo della terribile violenza di quei versi, ma anche preoccupato da certi esoterici messaggi in codice che percorrevano tutta la composizione. Da macht ein Hauch mich von Verfall erzittern (“Ed ecco, un alito mi fa tremar di sfacimento”, Trakl). Decise di mantenersi su una linea sobria di giudizio.
– Notevoli. Li pubblicherete?
– Volete scherzare? – quasi gridò Zosimo. Afferrò la cartella dattiloscritta che l’ispettore aveva depositata sul ripiano della scrivania e la chiuse a chiave nel cassetto da cui n’era stata tratta. – Basterebbe che Laras o qualcuno dei suoi scagnozzi ne subodorassero l’esistenza e per me sarebbe finita… –. Improvvisamente si rabbuiò. – Ricordate il caso Durant, della “Gazzetta della notte”? –. Zosimo alludeva ad Amerigo Durant, il giornalista che per aver pubblicato sul suo giornale una coraggiosa inchiesta, riguardo a taluni misteriosi finanziamenti internazionali concessi ad una società collegata alla Chiesa del popolo mondiale (benché siffatto collegamento non si riuscí mai a provare), cadde in guai giudiziari molto seri; e la “Gazzetta della notte” ebbe a chiudere una serie interminabile di controversie legali solo dopo avere “allontanato” Durant. Nessuno lo scrisse, ma tutti sapevano che a quell’operazione non era estraneo il potente ufficio affari legali di padre Caviglia. – No, – tagliò corto Zosimo, – non è ancora giunto il momento di uscire allo scoperto.

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